Il trappeto era costituito da più ambienti sotterranei intercomunicanti:
nell’ambiente principale, al quale si accedeva dall’esterno mediante un unico
ingresso, c’erano una o più macine in pietra, mosse da un asino, mulo o bue; il
rifornimento delle olive da molire avveniva spesso direttamente dall’esterno,
mediante un foro/lucernario ricavato nel soffitto della grotta. Le ragioni che
determinavano la scelta di realizzare queste strutture in ambiente sotterraneo
erano varie: l’economicità della realizzazione, che non richiedeva manodopera
particolare specializzata né acquisto e trasporto di materiali da costruzione;
la facilità di scarico e stoccaggio delle olive; la possibilità di ancoraggio
stabile al soffitto degli assi per macine e
torchi; la possibilità di mantenere
quasi costante (18-20°C) la temperatura dei locali anche d’inverno senza
dispendio energetico e quindi di lavorare a ciclo continuo evitando la
solidificazione dell’olio. In funzione della stagione tradizionale di raccolta
delle olive che si prolungava da metà autunno alla primavera e dei tempi lunghi
necessari per l’estrazione dell’olio, i trappeti restavano in attività
praticamente tutto l’anno.
Accedendo oggi al frantoio ipogeo si ha la sensazione di interagire con una “spazialità” di penombre e silenzio, riconducibile quasi ad un luogo religioso.
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